Come capire se le mascherine che stai per acquistare sono sicure e a norma di legge.
Nella situazione pandemica che viviamo ormai da ben due anni, è diventato indispensabile prendere dimestichezza con dispositivi, che prima del Coronavirus sembravano di competenza esclusivamente sanitaria.
In questo contesto, può essere utile approfondire meglio quali sono i parametri che a livello europeo determinano l’affidabilità dei dispositivi.
Imparare a distinguere le mascherine realmente efficaci per il contenimento dei contagi da quelle che invece non hanno i giusti requisiti per farlo, è di fondamentale importanza.
Vediamo quali sono dunque gli standard di efficienza vigenti in Italia.
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Cosa indicano i codici EN 149:2001 + A1:2009?
Con i codici EN 149:2001 + A1:2009 ci si riferisce alla normativa europea vigente in materia di dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
La norma chiarisce i requisiti che tali dispositivi devono avere e i test che devono superare per ottenere la marcatura di conformità.
La legge è molto chiara nel praticare una distinzione tra i diversi tipi di mascherine in commercio e nello specifico identifica le mascherine chirurgiche come semplici dispositivi medici, a differenza delle FFP 1, 2 o 3, che rientrano invece tra i dispositivi di protezione individuale.
Iniziamo con l’esplicitare il significato di queste sigle. FFP è l’acronimo di Filtering FacePiece, che in italiano significa “maschera filtrante” e il numero che segue (1, 2 o 3) indica il livello di capacità filtrante della stessa.
La sigla ci garantisce quindi che i dispositivi di protezione individuale siano stati prodotti ai sensi della normativa EN 149/2001 + A1:2009, che regola gli standard di efficienza, stabilità della struttura e traspirabilità, oltre a stabilire i livelli minimi di performance e biocompatibilità delle mascherine.
Come anticipato, le mascherine FFP2 e FFP3 sono classificate dalla legge come dispositivi di protezione individuale e in quanto tali devono garantire la capacità di filtraggio sia dell’aria in uscita, che di quella in entrata.
I dispositivi facciali FFP2 e FFP3, a differenza delle mascherine FFP1, sono efficienti nel filtraggio delle microparticelle, tra le quali anche quelle che appunto contengono i virus.
La loro capacità filtrante ammonta rispettivamente al 92% e al 98%, se parliamo di mascherine senza valvole, le quali mantengono l’efficacia rispetto alla protezione in entrata, ma non filtrano i flussi d’aria in uscita.
Come le chirurgiche, anche le mascherine FFP2 e FFP3 sono dispositivi usa e getta e garantiscono 6 ore di efficacia, trascorse le quali la protezione non è più garantita.
La normativa EN 149/2001 + A1:2009 suddivide inoltre le mascherine tra dispositivi monouso e dispositivi che invece possono essere igienizzati e riutilizzati.
Anche in questo caso, questa differenza deve essere indicata attraverso le marcature “NR” – non riutilizzabili – e “R” – riutilizzabili.
Ricapitolando dunque, la normativa EN 149/2001 + A1:2009 stabilisce i criteri di classificazione dei dispositivi di protezione individuale e gli standard che ogni diverso tipo di mascherina deve necessariamente rispettare per poter essere considerata conforme e ed essere poi immessa in commercio.
A questo punto, l’importanza della presenza di questi codici è lampante. La non marcatura delle confezioni equivale ad una dichiarazione di inefficienza.
Tuttavia, osservando gli imballaggi delle mascherine in commercio, è possibile imbattersi in altri codici, come per esempio KN95.
Le mascherine contrassegnate da questa sigla, si presentano alla vista identiche alle FFP2.
Ma sono veramente uguali?
Se così fosse, perché dunque dovrebbero essere contrassegnate diversamente?
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FFP2 e KN95: simili anche nella normativa che le disciplina?
La somiglianza tra questi due dispositivi è davvero sorprendente. Se non fosse per la marcatura, sarebbe impossibile distinguere le une dalle altre.
L’aspetto non è l’unico aspetto che condividono.
Entrambi i modelli infatti hanno una capacità filtrante superiore al 92% e garantiscono particolare efficacia sia in entrata, che in uscita.
Proseguendo con le similitudini, mascherine FFP2 e KN95 condividono anche il numero di strati, che può variare da 4 a 6.
Qual è dunque il motivo per cui si opera una distinzione a livello di marcatura?
La differenza consiste nel tipo di procedura alla quale vengono sottoposte per essere considerate efficienti.
Come detto sopra, le mascherine FFP2 vengono valutate in base agli standard imposti dalla normativa europea EN 149/2001 + A1:2009.
I dispositivi KN95 invece si rifanno al regolamento GB 2626-2006, che stabilisce gli standard per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese.
In occasione dell’emergenza da coronavirus, in seguito a una attenta disamina delle procedure contemplate dalla normativa cinese, il governo italiano ha autorizzato la vendita in deroga delle mascherine KN95, equiparando a tutti gli effetti il regolamento GB 2626-2006 alla norma EN 149/2001 + A1:2009.
Quali sono invece le marcature che non sono considerate a norma?
Allo stato attuale delle cose, è possibile imbattersi in tutta una serie di altre marcature, che però, stando alla normativa vigente, sono da considerare inadeguate.
I più diffusi sono i seguenti:
- CELAB (Italia) – CE 2037
- ECM (Italia) – CE 1282
- ISET (Italia) – CE 0865
- TSU Slovakia (Slovacchia) – CE 1299
- ICR Polska (Polonia) – CE 2703.
Per concludere.
Sapersi orientare nel panorama dei dispositivi di protezione individuale, non è così scontato.
Diventa fondamentale però, quando si corre il rischio di mettere in pericolo la propria salute e quella dei propri cari.
A questo proposito, conoscere le normative vigenti in materia di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, si rivela di grande aiuto.
Soprattutto nella misura in cui mette nero su bianco le sigle che devono essere indicate sulla confezione per garantire il rispetto delle norme di legge.