Affermare che una mascherina è protettiva significa ben poco: da quando è iniziata la pandemia da Covid-19, nei mesi scorsi, abbiamo infatti imparato che le mascherine non sono tutte uguali.
Le mascherine chirurgiche, ossia i dispositivi medici che di recente sono stati distribuiti gratuitamente alla popolazione di alcuni comuni, si distinguono dai dispositivi di protezione individuali (DPI), ossia le maschere respiratorie più complesse. Queste, in particolare, sono quelle che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, devono essere indossate da medici e personale sanitario impegnato in prima linea negli ospedali nella lotta contro il Coronavirus.
Una prima differenza sostanziale tra le due tipologie di maschere è questa: mentre quella chirurgica protegge da eventuali schizzi di saliva e altri liquidi biologici, i DPI proteggono anche da microrganismi, particelle e polveri molto più sottili e presenti nell’aria. Da ciò deriva che è molto importante scegliere la propria mascherina protettiva a seconda dell’utilizzo che si prevede di fare e al grado di esposizione al contagio al quale si pensa di essere sottoposti.
Come scegliere la mascherina protettiva
Tra i diversi fattori che concorrono nella scelta di una mascherina protettiva c’è, appunto, il grado di rischio e l’utilizzo che se ne fa. Abbiamo detto, infatti, che chi lavora nei reparti ospedalieri Covid-19 a contatto con pazienti positivi o infetti deve assolutamente indossare le maschere respiratorie per proteggere le proprie vie aeree dall’inalazione del virus. La stessa cosa, però, vale anche per chi lavora a contatto con determinate sostanze tossiche (ad esempio, l’amianto): i dispositivi di protezione individuale vengono, infatti, usati anche in alcuni settori industriali.
In generale, quindi, l’uso dei DPI è raccomandato a chi ha la necessità di proteggere le proprie vie respiratorie da virus, polveri sottili e altri agenti inquinanti molto sottili perché fortemente a rischio di inalazione. Le mascherine chirurgiche, invece, che trattengono gli schizzi di saliva, non nascono per proteggere chi le indossa ma le persone e l’ambiente circostante. Ecco perché sono usate dai dentisti e medici specialisti e, soprattutto, ecco perché possono essere usate da persone positive o potenzialmente positive al Covid-19.
Pertanto, il livello di protezione di una mascherina protettiva non DPI è diverso da quello di un DPI: le due tipologie devono, oltretutto, sottostare a normative differenti che ne stabiliscono i requisiti da rispettare e il tipo di efficacia da garantire.
Un’altra variabile da considerare è la durata delle mascherine: quelle chirurgiche, di solito, mantengono la loro efficacia per non più di tre ore. Le maschere respiratorie, invece, garantiscono una durata di almeno otto ore.
Mentre le mascherine chirurgiche sono monouso e vanno gettate subito dopo l’utilizzo, alcuni DPi sono, invece, riutilizzabili, nel senso che deve essere cambiato solo il filtro quando è ormai saturo.
Infine, un altro elemento da considerare è la comodità della mascherina protettiva: mentre quelle chirurgiche sono più leggere, i DPI sono un po’ meno confortevoli da portare.
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Mascherina protettiva non DPI
La mascherina protettiva chirurgica è formata da tre o quattro strati di tessuto non tessuto di colore blu/verde. Deve rispondere ai requisiti della norma UNI EN 14683:2019, la quale stabilisce che il principale obiettivo di questo dispositivo è evitare che il medico o il personale sanitario che la indossa contamini l’ambiente o trasmetta infezioni al paziente che sta visitando o operando in sala operatoria.
Tuttavia, durante la fase 2 successiva alla pandemia da Covid-19, è richiesto obbligatoriamente a tutta la popolazione di indossare le mascherine chirurgiche in diverse situazioni quotidiane. In particolare, quando non è possibile mantenere una distanza minima di un metro e mezzo dalle altre persone e nei luoghi chiusi. Questo proprio in virtù del fatto che questo dispositivo può risultare efficace nel contrastare il passaggio degli agenti patogeni da individui asintomatici o sintomatici.
Mascherina protettiva DPI
La norma tecnica alla quale i DPI devono risultare conformi è la UNI EN 149. Questa suddivide le maschere respiratorie in tre classi, a seconda della loro efficienza filtrante. La capacità filtrante è uno degli elementi principali che distingue una mascherina protettiva DPI da una non DPI.
Le tre classi in cui si dividono le maschere protettive DPI sono mascherine FFP1, FFP2 e mascherine FFP3 e, come già accennato, questi dispositivi proteggono le vie aeree di chi le indossa da particelle anche molto sottili come i particolati, fumi, virus e aerosol. Mentre le mascherine FFP2 devono essere utilizzate dal personale sanitario esposto a un rischio medio di contagio, quelle FFP3 devono essere indossate da medici e personale sanitario esposti a un rischio molto alto.
Una caratteristica che distingue le maschere filtranti dalla mascherina protettiva chirurgica è il fatto che possono essere dotate di valvole di espirazione. Queste servono a principalmente a migliorare il comfort della maschera e la respirazione: permettendo al fiato di fuoriuscire, fanno sì che non si formi la condensa all’interno del dispositivo. Tuttavia, proprio per questo motivo, le maschere filtranti con valvola non vanno indossate da chi è positivo o infetto dal virus.
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